Stanza 211b: maternità

Stanza 211b: maternità

Immagine del corriere fiorentino

Spesso le più belle attese, si fanno in due dentro a questo reparto…

Chissà poi perché si chiama maternità… Potrei suscitare l’orrore delle femministe, ma se ci fermassimo un attimo a riflettere, forse ci accorgeremmo che le più grandi gioie sono reali se condivise.

E invece questo tempo ha spazzato via anche questa condivisione!!!

Io che lotto fin dagli albori dei miei studi per il riconoscimento della figura paterna, oggi mi trovo a sentirmi disarmata davanti a quei padri che guardandomi con aria interrogativa, perplessa, mi comunicano la loro loro difficoltà ad accettare l’essere “esclusi” dai primi giorni di vita dei loro figli.

Il Covid-19 ha portato via vite e questo è doloroso, ingiusto. Ma questa epidemia sta strappando anche la gioia della vita che arriva! Molti padri non hanno assistito alla nascita del loro figlio, hanno il divieto di accedere al reparto maternità per assistere al primo respiro della nuova vita, non hanno la possibilità di sostare accanto alla compagna per sostenere, per condividere. Molte coppie, molte famiglie, sono private di ciò che dovrebbe essere un diritto, di ciò che è estremamente necessario.

Ho respirato, ho preso tempo. Perché per aiutare l’altro, nel mio lavoro, bisogna essere capaci di non farsi sopraffare dalle proprie emozioni.

Poi ho incontrato un papà alla terza meraviglioso! Un uomo che ha vissuto l’arrivo della sua ultima figlia in mezzo al marasma di questa emergenza sanitaria e nella sua riflessione mi ha colpita molto! Così oggi lo condivido con voi, perché possa essere strumento per riflessione di altri, possa essere memoriale per riconoscersi come persone capaci di adattarsi, di superare gli ostacoli…soggetti ricchi di capacità e potenzialità che offrono gli strumenti per generare nuove energie e azioni.

“Ai babbi vorrei dire che possono fare tanto per le loro compagne, anche senza poter andare in visita in ospedale. Forse è necessario non fissarsi sulle cose che ci vengono negate, ma fare tesoro di quello che si ha. E allora imparare a guardare avanti, attivarsi per trovare nuove strategie, per esserci anche quando non è possibile farlo in presenza”. N.

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